Tra misticismo e Agricoltura

ll termine Grancia ha il significato di fattoria o insediamento rurale di conventi, ordini religiosi e ordini monastici. Le vie di pellegrinaggio sono costellate di antiche grance che venivano utilizzate come ricoveri, ostelli e luoghi di ricovero per i viandanti in pellegrinaggio verso le mete religiose. La Calabria era un’importante crocevia per il traffico dei pellegrini: quelli diretti in Terra Santa e quelli diretti verso Roma o verso Santiago de Compostela. Il viator dalla via Popilia, percorrendo la direttrice che attraversava la Sila, passava anche da Akerentias, Caccuri, lungo il Neto per arrivare a Crotone e imbarcarsi per Gerusalemme. L’ipotesi potrebbe essere avvalorata dal nome della Grancia: Vurdoj (forma dialettale) o Bordò (forma italiana), che potrebbe derivare dal termine “bordone”. Bordone dal latino Burdus o Burdo che traduce il termine mulo, a cui il pellegrino assomigliò il suo bastone. Il bordone era un lungo bastone con manico ricurvo usato dai pellegrini in viaggio per appoggiarsi. Molti erano i pellegrini nel Medioevo, ma il pellegrino per antonomasia era quello legato al culto di San Giacomo. San Giacomo Apostolo e martire viene raffigurato nell’iconografia come un pellegrino col bordone, la zucca dell’acqua e la conchiglia per bere. È ipotizzabile che la Grancia del Vurdoj sia stata luogo di ristoro nel lungo pellegrinare dei viandanti devoti a San Giacomo. Questa tesi è avvalorata dal fatto che all’interno della grancia sorge una piccola chiesa dedicata a San Giacomo. Lungo questo sacro tragitto i pellegrini potrebbero aver trovato dei luoghi di ristoro quali la Grancia del Vurdoj, in stretto contatto con l’Abbazia Florense, e come grancia del monastero della stessa.

Il monastero del Vurdoj fu fondato dall’Abate Gioacchino tra il 1196 e il 1197 come grancia del Monastero con annesso oratorio e case coloniche per la coltivazione delle terre avute dall’Imperatore Enrico VI. Prima delle leggi eversive il fondo era ancora una Grancia del Monastero Florense. Durante l’occupazione francese del regno, fu donato al generale Antonio Manhes per i servizi resi in occasione della crudele repressione del brigantaggio. Si sa con certezza che dopo il 1820 divenne possesso della famiglia Lopez di San Giovanni In Fiore. Le successive notizie documentate si riferiscono all’anno 1844 in relazione alla denuncia e cattura dei Fratelli Bandiera che qui giunsero e sostarono all’alba del 18 giugno e nella stessa giornata furono attaccati e catturati. Attilio Bandiera durante l’interrogatorio subito a San Giovanni in Fiore il giorno dopo la cattura, così dichiarava: “proseguendo il viaggio, arriviamo al casino del Vurdò di questi signori Lopez, ove comprammo vino…”.

Il complesso architettonico per i particolari fattori di interesse storico-artistico ed esempio di masseria rurale ancora completa nei segni distintivi, funzionale e tipologici, è considerata dalla Soprintendenza Archeologica della Calabria come Bene da tutelare.